I geni possono svolgere un ruolo anche nell’AMD o nel glaucoma

Alcune malattie degli occhi sono causate da un gene difettoso. Per altre, i geni possono essere una concausa. Di conseguenza, è ragionevole sottoporsi a un test genetico e qual è lo stato attuale delle terapie geniche? Retina Suisse  ha intervistato due specialiste chiedendo loro di esprimersi su questi aspetti: la Prof. Dr. Gabriele Thumann, primaria del reparto di oftalmologia presso l’HUG di Ginevra, e la Dr. Martina Kropp, ricercatrice responsabile all’HUG nel campo della genetica oftalmologica.

Intervista: Peter Jankovsky, Comunicazione Retina Suisse, peter.jankovsky@retina.ch

Quando noi profani sentiamo la parola «genetica», alcuni di noi magari pensano a misteriosi esperimenti con materiale genetico o a malattie rare. Questi luoghi comuni sono giustificati?

Prof. Dr. Gabriele Thumann: Il termine «genetica» include anche l’espressione «genoma», con cui si fa riferimento al piano di costruzione del corpo umano. Molte e molti pazienti ereditano delle malattie veicolate da questo «piano di costruzione», pertanto sono in corso numerose ricerche per comprendere a fondo il genoma. Questo ci permette di capire la malattia in questione e di sviluppare possibili terapie innovative.

Molte malattie possono quindi essere ricondotte a dei cosiddetti «errori nel piano di costruzione»?

GT: Espresso in modo più preciso, le malattie sono riconducibili a singoli geni danneggiati. E poiché in tempi recenti la scienza è riuscita a correggere alcuni geni difettosi, stanno emergendo nuove opzioni terapeutiche per il futuro.

Quanto spesso si ricorre alla genetica in ambito oftalmologico?

GT: Per l’essere umano gli occhi sono estremamente importanti. L’80% delle informazioni che il cervello recepisce provengono da impressioni visive. Queste vengono assorbite dalla retina, pre-elaborate e poi trasmesse al cervello. A titolo di paragone, tramite l’udito si riceve solo il 10% di input. La retina è composta da milioni e milioni di fotorecettori e non è sempre scontato che questi funzionino e interagiscano alla perfezione. Già un disturbo di media gravità può avere un impatto significativo sulla vita delle e dei pazienti.

Quindi gli occhi si trovano in cima alla lista delle priorità quando si tratta di ricerca genetica?

GT: Esatto. Ma la ricerca genetica si interessa dell’occhio anche per un altro motivo: si tratta di uno spazio in prevalenza circoscritto che è abbastanza facile da gestire, anche nell’ottica di un’eventuale correzione di un gene.

Per quali malattie oftalmologiche è possibile determinare la causa esatta mediante un test genetico?

GT: Queste includono la RP, la retinite pigmentosa con la tipica visione a tunnel, la cecità notturna e la concomitante sindrome di Usher con i suoi disturbi all’udito. In entrambi i casi si tratta di esempi lampanti.

In generale, queste malattie sono considerate rare. Perché alla ricerca genetica piace partire proprio da qui?

Dr. Martina Kropp: La maggior parte delle malattie è causata da una combinazione di diversi errori nel «piano di costruzione», a cui si aggiungono altri fattori esterni. Sono poche le malattie scatenate da un singolo difetto. Tali malattie, definite anche «monogenetiche», sono quelle che per ovvi motivi tendiamo a trattare per prime. Appena viene identificato il gene che scatena il rispettivo difetto, è possibile avviare un trattamento molto mirato. Detto in modo semplificato è come trovarsi di fronte a un buco nella recinzione che dopo essere stato identificato viene riparato.

Il gene in questione quindi viene riparato.

MK: A determinate condizioni, un gene può essere modificato. Ma in nessun caso la modifica avviene in modo tale da essere trasmessa alle generazioni successive. Non si ripiega sull’ingegneria genetica come in ambito agricolo e in quello degli allevamenti di animali da reddito. Si tratta di una differenza molto importante. Una modifica genetica di questo tipo negli esseri umani è severamente vietata in tutti i Paesi del mondo.

Esistono altri metodi oltre alla «correzione» di un gene difettoso?

MK: Praticamente si parla sempre di terapia genica correttiva, ma esiste anche la terapia genica additiva. Invece di riparare o sostituire un gene difettoso, si aggiunge un cosiddetto «gene terapeutico» che agisce come un farmaco depot, il quale rilascia il suo principio attivo in modo continuo e costante per un periodo di tempo prolungato. Nel caso specifico della terapia genica, nella migliore delle ipotesi per tutta la vita.

La riparazione di un gene danneggiato funziona sempre?

GT: Non è così semplice. Bisogna poter disporre di enormi quantità di dati. Poiché nella maggior parte delle malattie che colpiscono gli occhi sono presenti diversi difetti, un trattamento efficace dipende sempre dalla qualità del record di dati della o del paziente.

Può spiegare il concetto con un esempio?

GT: Un record di dati affidabile comprende informazioni come per esempio: una paziente di 70 anni affetta da AMD che al contempo ha subito un ictus, oppure un paziente diabetico è stato un forte fumatore e per tutta la vita ha seguito una dieta malsana. Si tratta di una constatazione banale, ma anche questi fattori giocano un ruolo importante. Indagare sulle cause diventa pertanto un’analisi complessa e difficile.

È quindi molto più difficile indagare sulle cause della degenerazione maculare legata all’età (AMD) rispetto a quelle della retinite pigmentosa (RP)?

GT: L’AMD rappresenta il classico esempio di malattia multifattoriale. In questi casi, la ricerca non è ancora in grado di intervenire con una terapia genica, poiché la maggior parte dei fattori scatenanti risiede altrove.

Di conseguenza, la terapia genica non sempre funziona. Malgrado ciò, un’analisi genetica potrebbe certamente risultare utile, soprattutto per la diagnosi precoce non solo della RP, ma anche dell’AMD o del glaucoma. La ricerca ha rilevato che circa il 23% di tutti i casi di AMD e glaucoma che si manifesta in giovane o giovanissima età è di origine genetica.

GT: Vi sono Paesi, ad esempio gli Stati Uniti, che a tal proposito offrono opzioni di screening, con cui è possibile determinare se una persona è portatrice di fattori di rischio genetici per una determinata patologia. Ma il tutto può rapidamente diventare insignificante: al giorno d’oggi, nella maggior parte dei casi, l’analisi genetica non contribuisce allo sviluppo di un’offerta terapeutica concreta. Non si esegue uno screening genetico alla ricerca di qualcosa che poi non si può curare.

Perché no?

GT: Se le e i pazienti sono a conoscenza di un rischio per la salute e allo stesso tempo sono consapevoli che non si può fare nulla o pressoché nulla per contrastarlo, possono cadere in depressione. E questo, si sa, riduce la qualità di vita.

Tuttavia i test genetici possono aiutare a rallentare la progressione di una malattia o di un danno in fase iniziale?

GT: Consigliamo sempre di sottoporsi a regolari controlli oftalmologici, ma non è sempre necessario eseguire immediatamente un test genetico. Già attorno ai 40 anni bisognerebbe iniziare a consultare regolarmente una/uno specialista in oftalmologia. Ciò permette di individuare in modo precoce se una persona è a rischio di glaucoma. Viene esaminata a fondo anche la macula, la zona della retina responsabile della visione nitida.

E in seguito?

GT: Se non si riscontrano anomalie, è sufficiente ripresentarsi per un successivo controllo dopo due-tre anni. Tuttavia, gli intervalli non dovrebbero allungarsi, altrimenti si rischia di non identificare per tempo l’inizio di una malattia. Inoltre, è bene ricordare che una visita dall’ottico non sostituisce in nessun caso quella dall’oftalmologo.

Quindi, riassumendo, un test genetico ha senso per la RP, ma non per l’AMD?

GT: No: è possibile effettuare un test genetico per l’AMD. Come già detto, alcune e alcuni pazienti hanno una predisposizione genetica. Ma la maggior parte non presenta alcuna predisposizione genetica o solo una debole predisposizione. Queste persone potrebbero cullarsi in una falsa certezza, conferita dal test genetico negativo. Si può escludere una predisposizione familiare, ossia una predisposizione genetica, ma ciò non significa che queste persone non siano a rischio di sviluppare la malattia. Infatti anche l’avanzare dell’età o il tabagismo sono considerati chiari fattori di rischio.

In futuro l’AMD causata da un difetto genetico potrà essere trattata geneticamente?

Martina Kropp: Sono in corso numerose ricerche al riguardo. La specificità della disfunzione (ossia un numero di cause possibilmente basso) è proporzionale alle possibilità di trattamento mirato. Il passo successivo, anche nel caso dell’AMD causata da un difetto genetico, sarebbe quello di correggere il gene stesso in futuro.

Retina Suisse gestisce una banca dati genetica in collaborazione con l’Inselspital di Berna. Questa dovrebbe ampliarsi il più rapidamente possibile grazie ai test genetici ai quali le persone colpite si sottopongono. Come si possono spiegare i vantaggi alle persone interessate?

MK: Se la ricerca scopre un nuovo fattore indice di opzioni terapeutiche innovative e che corrisponde alla predisposizione genetica delle e dei pazienti registrate/i nella banca dati genetica, queste persone possono essere informate rapidamente. L’obiettivo consiste nel permettere loro di partecipare a un nuovo studio clinico o a una nuova sperimentazione terapeutica.

Quanto più grandi e numerosi sono i record di dati, tanto più rapidamente emergeranno nuove scoperte scientifiche.

Gabriele Thumann: Una considerazione logica. Ma ovviamente dipende sempre anche dalla qualità dei dati. È importante garantire la registrazione dettagliata del maggior numero possibile di parametri. In passato, ci si accontentava di annotare l’età e il sesso. Tuttavia, soprattutto nel caso delle malattie multifattoriali già citate, ossia quelle patologie con più di una causa, è importante tracciare una sorta di mappa il più accurata possibile delle abitudini di vita attuali e passate. Tutto questo avviene ovviamente in forma anonima.

Le banche dati genetiche possono quindi condurre a una terapia efficace molto più rapidamente nel caso di malattie retiniche più rare causate da un singolo gene difettoso, rispetto alle patologie multifattoriali.

GT: Una supposizione corretta.

Ma una paziente di 60 anni affetta da AMD può sperare di riacquisire parzialmente la vista in futuro grazie alla ricerca genetica e a una banca dati genetica?

GT: La terapia genica è efficace se viene utilizzata appena si presenta il malfunzionamento delle cellule. Ma se tale malfunzionamento ha già causato una degenerazione significativa, la correzione del gene non cambierà nulla perché le cellule sono ormai morte.

A quel punto che cosa si può fare?

GT: Esistono altre forme di terapia. Ad esempio, la ricerca è fortemente impegnata nel campo della terapia con le cellule staminali, grazie alla quale è possibile sostituire cellule e strutture dei tessuti. Alla paziente sessantenne affetta da AMD, consiglierei piuttosto questo approccio. Per i figli di questa paziente, l’influenza genetica della malattia potrebbe però certamente essere considerata come una tra le varie possibilità.

Un test genetico di questo tipo non è complicato e oneroso?

GT: Niente affatto: si tratta di un esame semplice e indolore.

Una puntura nel dito sarebbe sufficiente?

GT: È addirittura sufficiente un tampone della mucosa orale. Il tutto viene poi analizzato in laboratorio, proprio come nelle serie poliziesche. In linea di principio, sarebbe sufficiente anche un capello preso dal pettine.

Passiamo al tema dei test genetici e degli assicuratori malattia. Probabilmente ci si muove in una zona grigia.

GT: Questa è indubbiamente una zona grigia. Se i test genetici non possiedono un comprovato effetto diretto sul trattamento, spesso non sono coperti dall’assicurazione malattia. Al massimo, alcuni assicuratori parteciperanno a una piccola parte dei costi.

Esistono anche casi in cui la cassa malati paga l’intero esame?

GT: Ad esempio, se una paziente di 50 anni affetta da RP ha una figlia, l’assicuratore malattia si assumerà i costi di entrambi i test genetici.

Perché in questo modo si potrebbero ridurre i costi di un futuro trattamento?

GT: Esattamente. Inoltre, i test genetici sono molto importanti per le persone giovani potenzialmente affette, a causa della loro pianificazione familiare e di vita. In questi casi le informazioni genetiche risultano utili.

In conclusione: qual è il suo consiglio per quanto riguarda le visite oftalmologiche in generale?

GT: Le malattie e le disfunzioni oculari presentano così tanti aspetti e dettagli differenti che è sempre consigliabile rivolgersi a una/un oftalmologa/o. In altre parole, controlli di routine regolari e approfonditi aiutano a riconoscere precocemente le malattie e quindi ad aumentare le opportunità di guarigione.

E il test genetico?

GT: Come già detto, il test genetico da solo potrebbe risultare fuorviante e conferire un falso senso di sicurezza. In ultima analisi, per le e i pazienti ciò significa più rischi che benefici.

MK: È vero che i test genetici sono attualmente utili solo in misura limitata e vengono pagati dalla cassa malati solo in casi molto specifici. In modo del tutto indipendente da un test genetico individuale, ritengo che una conoscenza generale del potere dei geni, ma anche dei loro limiti, e l’essere informati sullo stato attuale della ricerca possano aiutare le persone colpite ad aiutarsi meglio.

E come si può aiutare meglio sé stessi?

MK: Ad esempio, la predisposizione all’AMD è diversa a seconda dei gruppi etnici. Le persone di origine europea presentano un rischio più elevato di AMD e le donne sono colpite con maggiore frequenza rispetto agli uomini. Se ne sono a conoscenza, sono premunita. Anche con una pelle molto chiara e sensibile, presto maggiore attenzione ad applicare la crema solare ed evito di espormi alla luce diretta del sole.

Allora la migliore prevenzione consiste nell’abbinare la visita dall’oftalmologa/o a un test genetico?

GT: Semmai, farei queste tre cose: controlli di routine ed esami specifici dall’oftalmologa/o e, a seconda dei casi, anche un test genetico.

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