Grazie alla terapia optogenetica, una persona cieca riacquista parzialmente la vista

07.06.2021

Un team di ricerca internazionale ha dimostrato che la terapia optogenetica può aiutare a ripristinare una visione parziale in un paziente diventato cieco a causa di una malattia ereditaria, la retinite pigmentosa. Si tratta di una pietra miliare sulla via delle terapie geniche in funzione di un possibile superamento della cecità.

Parigi, Pittsburgh, Basilea, 24 maggio 2021 – Dati clinici di recentissima pubblicazione mostrano per la prima volta che metodi optogenetici possono servire a restituire la vista a una persona cieca. Questo successo è un’importante pietra miliare sulla via dello sviluppo di terapie geniche per le malattie ereditarie che toccano i fotoricettori e, segnatamente, di terapie indipendenti dalle mutazioni che causano le diverse affezioni. I risultati, relativi a uno studio di un team di ricerca internazionale diretto dai professori José-Alain Sahel e Botond Roska, sono usciti sulla rivista ‘Nature Medicine’. Il team di ricerca comprendeva membri dell’Institut de la Vision e Hôpital National des Quinze-Vingts di Parigi, dell’Università di Pittsburgh, dell’Institute of Molecular and Clinical Ophthalmology Basel (IOB), di StreetLab e di GenSight Biologics (Euronext: SIGHT).

«Il fatto d’essere riusciti, mediante la terapia optogenetica, a restituire parzialmente la vista a un paziente cieco è stato possibile solo grazie alla disponibilità del paziente, agli sforzi dei team multidisciplinari dell’Institut de la Vision e di GenSight, e alla lunga collaborazione con Botond Roska dell’IOB. Infatti Botond Roska è il ricercatore che ha posto la pietra angolare e le basi per questo progetto» , dice José-Alain Sahel. Il primo autore che ha firmato la sperimentazione clinica è José-Alain Sahel, professore e capo del Dipartimento di Oftalmologia all’Università di Pittsburgh, professore alla Sorbona, all’Hôpital National des Quinze-Vingts e direttore nonché fondatore dell’Institut de la Vision di Parigi.

«I risultati dello studio dimostrano la validità del concetto di terapia optogenetica per il ripristino parziale della vista» , ha detto Botond Roska, direttore nonché cofondatore dell’IOB e professore all’Università di Basilea.

L’optogenetica comporta la specifica modifica genetica di cellule per renderle capaci di produrre proteine fotosensibili, le cosiddette canalrodopsine. Questa tecnica è utilizzata nel campo delle neuroscienze da quasi 20 anni, finora, però, l’utilità clinica dell’optogenetica non era dimostrata. I risultati raggiunti oggi riflettono 13 anni di sforzi multidisciplinari e hanno portato all’apice la collaborazione tra i team di José-Alain Sahel e di Botond Roska.

Lo scopo della ricerca in questione è di curare le malattie ereditarie dei fotoricettori dell’occhio, una diffusa causa di cecità. I fotoricettori sono cellule sensibili alla luce nella retina, che usano le cosiddette proteine opsiniche per trasferire informazioni visive dall’occhio al cervello passando dal nervo ottico. La graduale degenerazione dei fotoricettori conduce a cecità. Per ripristinare la sensibilità alla luce, il team si è servito di metodi di terapia genica per introdurre le canalrodopsine nelle cellule gangliari della retina.

Per lo studio in questione, il team ha fornito il gene che nella retina codifica una canalrodopsina chiamata ChrimsonR. Questa particolare proteina accoglie luce ambrata, che per le cellule della retina è più sicura della luce blu utilizzata per altri tipi di ricerca optogenetica. Il team ha inoltre sviluppato uno speciale occhiale dotato di una telecamera che cattura le immagini visive e le proietta sulla retina in lunghezze d’onda della luce ambrata.

Per lo studio in questione, il team ha avviato l’allenamento del paziente con gli occhiali cinque mesi dopo l’iniezione. In quel lasso di tempo l’espressione della ChrimsonR nelle cellule gangliari ha potuto stabilizzarsi. Dopo sette mesi, il paziente ha iniziato a dare segni di miglioramento della vista.

Nei test effettuati, il paziente è riuscito a localizzare, toccare e contare gli oggetti posti su un tavolo bianco davanti ai suoi occhi. Ha tuttavia avuto bisogno degli occhiali speciali perché senza di essi non ci riusciva. Uno dei test consisteva nel vedere, localizzare e toccare un grande quaderno o una scatolina di graffette. In 36 su 39 singole prove, il paziente ha toccato il quaderno, un risultato positivo nel 92% di tutti i test. Con la scatolina il risultato è stato raggiunto soltanto nel 36% dei casi. In un secondo test con dei bicchieri su un tavolo, il paziente ha saputo contarli correttamente nel 63% dei casi.

Durante una terza serie di test il paziente indossava un cappuccio con elettrodi che registravano un elettroencefalogramma (EEG) non invasivo della sua attività cerebrale. Un bicchiere veniva alternativamente rimosso o posto sul tavolo e il paziente doveva premere dei pulsanti per confermare la presenza o l’assenza del bicchiere. È importante notare che in questo test le misurazioni EEG hanno evidenziato che i cambiamenti di attività correlati erano concentrati nella corteccia visiva.

Il team di ricerca ha anche messo a punto un software di decodifica per analizzare le registrazioni EEG. Attraverso semplici misurazioni dell’attività neuronale, il decodificatore ha saputo determinare con una quota del 78% se durante una determinata serie di prove il bicchiere si trovava o non sul tavolo. Per Roska, quest’ultimo risultato ha confermato che l’attività cerebrale era effettivamente associata a un oggetto visivo, e «dimostra che la retina non è più cieca».

«Per essere potenzialmente idonei al trattamento, è importante che i pazienti, ciechi a causa di diverse malattie neurodegenerative dei fotorecettori, dispongano ancora di un nervo ottico funzionante. Tuttavia, ci vorrà del tempo prima che questa terapia possa essere proposta ai pazienti», ha commentato Sahel.

Fonte
Schlüchter, Sandra. «Optogenetische Gentherapie lässt Erblindete partiell wieder sehen.» Institute of Melcular and Clinical Ophthalmology Basel, 24.05.2021
idw-online.de/de/news769317

Link alla pubblicazione su ‘Nature Medicine

A proposito dell’IOB
Presso l’Institute of Molecular and Clinical Ophthalmology Basel (IOB), ricercatrici e ricercatori lavorano mano nella mano nell’ambito della ricerca fondamentale e della ricerca clinica. L’obiettivo è di comprendere meglio le malattie oftalmologiche e di sviluppare nuove terapie. L’IOB venne creato nel dicembre 2017 come fondazione con la partecipazione dell’Ospedale universitario di Basilea, dell’Università di Basilea e di Novartis. Il canton Basilea-Città contribuisce in modo sostanziale al finanziamento del nuovo istituto.

Chi avesse delle domande può chiamare Retina Suisse allo 044 444 10 77.

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