Una nuova formazione a 42 anni, malgrado la sindrome di Stargardt

Lars Stötzel, settembre 2023

Vorrei raccontarvi la mia storia. Dopo aver lavorato per circa 25 anni come cuoco, purtroppo ho dovuto rendermi conto di non essere più in grado di svolgere questa meravigliosa professione. Non perché non volessi più fare questo mestiere. La colpa era della mia fedele compagna, ossia la sindrome di Stargardt, diagnosticata durante l’adolescenza.

Alla fine del 2017 ero sull’orlo di una depressione da esaurimento, che mia moglie per fortuna ha riconosciuto in tempo. Ha tirato il freno d’emergenza e si è informata sulle possibilità di sostegno e aiuto. Io stesso non ho mai preso in considerazione un passo del genere. Il mio motto è sempre stato: «Devo funzionare e lavorare per poter sfamare la mia famiglia».

In breve tempo ho ottenuto un appuntamento alla Fachstelle für Sehbehinderung Zentralschweiz (FSZ) di Lucerna (Centro specializzato per le disabilità visive della Svizzera centrale), dove mi sono trovato di fronte a volti increduli. «Come ha fatto a resistere per tutto questo tempo?», continuavo a sentirmi dire. Infatti, è emerso che la mia vista era ben peggiore di quanto supponessi. A quel tempo, non andavo dall’oftalmologo da almeno 20 anni.

Paura delle incognite del futuro

Come prima cosa abbiamo presentato una richiesta di assegno per grandi invalidi. Poiché sono in Svizzera dal 2003 e ho sempre lavorato a tempo pieno, contrariamente a quanto sostenuto dai miei conoscenti, avevo diritto a questo aiuto. Ho addirittura potuto richiedere l’assegno con effetto retroattivo.

Naturalmente avevo molta paura delle incognite che mi riservava il mio futuro. Non avevo idea di come le cose sarebbero andate avanti. «Sono padre di famiglia con due bambini e sono fermo a casa: sarebbe questa la missione della mia vita?», mi sono chiesto. Assolutamente no.

Poi è entrato in gioco il Centro svizzero di competenza per le e gli ipovedenti in ambito professionale (SIBU) [SP1] con sede a Basilea. Ho imparato a conoscere strumenti ausiliari e tecniche di cui fino a lì ignoravo l’esistenza. L’informatica era il mio hobby, ma non avevo mai sentito parlare di JAWS o Fusion. Ho appreso il programma completo (sistema a dieci dita, JAWS, Braille, LaTex ecc.).

Ma gli strumenti ausiliari non sono stati la cosa più importante o preziosa che ho conosciuto grazie al SIBU. Sono stati le altre e gli altri utenti nonché il personale docente a togliermi la paura. La cosa difficile, però, era che durante quel periodo trascorrevo il mio tempo dal lunedì al venerdì a Basilea, mentre la mia famiglia viveva a Lucerna. Una situazione che si è protratta per 15 mesi.

Ritornare a scuola

Volevo diventare un informatico specializzato nello sviluppo di applicazioni. Poiché questo richiedeva una lunga preparazione, ho potuto rimanere al SIBU così a lungo. Dovevo quindi trovare una scuola adatta. La mia coordinatrice della formazione mi ha aiutato con pragmatismo e dopo alcune ricerche ci siamo trovati con una manciata di scuole tra cui scegliere, ma nessuna con sede a Lucerna.

Inoltre, nessuna delle scuole sapeva cosa significa formare una persona con una disabilità visiva. In una di queste ho persino sentito dire quanto segue: «Dopotutto, lei porta gli occhiali». Probabilmente è come dire a chi soffre di emicrania che anch’io, ogni tanto, ho un leggero mal di testa.

L’unica scuola che alla fine è stata presa in considerazione era quella di Basilea. Inoltre, aveva il vantaggio che avrei potuto rimanere nell’alloggio a cui ero abituato e di essere vicino al SIBU. Dovevo iniziare nell’agosto 2019 ed ero estremamente agitato perché si trattava di una «normale» classe AFC. Vale a dire che in veste di quarantaduenne, sarei stato circondato da adolescenti che potevano tranquillamente essere i miei figli.

E come hanno reagito questi ragazzi alla mia presenza? Le mie compagne e i miei compagni di classe erano molto interessati alla mia storia un po’ particolare, ponevano molte domande ed erano curiosi. Tutti si sono impegnati ad aiutarmi quando venivano presentate immagini, come grafici o diagrammi. Tuttavia, ho dovuto «educare» alcune e alcuni docenti.

Una lunga ricerca per un posto di apprendistato, poi il colpo di fortuna

A partire dal 3° semestre è iniziata la ricerca di un posto di apprendistato, dove svolgere la parte pratica della formazione. Per la prima volta ho avuto modo di provare cosa significhi candidarsi per un lavoro come persona disabile e quanto sia grande la paura dei datori di lavoro. Di certo il problema non erano i voti poiché avevo una media del 5,7. Ho sempre ricevuto risposte poco convincenti, ad esempio che al momento non avevano bisogno di nessuno. Ho scritto 45 candidature e ho ricevuto solo 12 risposte.

Ne è scaturito un solo colloquio di presentazione, in seguito al quale, però, sono stato assunto. Fortunatamente l’azienda in cui ho potuto svolgere il mio stage obbligatorio di due anni si trovava vicino a casa. Questo mi ha permesso di rincasare ogni giorno e stare con la mia famiglia ogni giorno.

Ho avuto un capo molto comprensivo che si è premurato di formarmi adeguatamente, anche se non aveva mai lavorato con una persona ipovedente. Mi ha impiegato prevalentemente nel settore del back-end e ho potuto lavorare al mio ritmo senza subire pressioni. Era consapevole che sarei stato un po’ meno efficiente a causa del mio handicap.

Nel complesso, mi sono sentito molto a mio agio. Ho ricevuto aiuto da tutti, ogni volta che ne avevo bisogno. Il giorno dell’esame finale pratico si avvicinava sempre di più e io ero sempre più nervoso. Ho potuto discutere e risolvere il compito d’esame assieme al mio formatore, così ho ottenuto un incarico su misura per me.

Inoltre, ho ricevuto una cosiddetta «indennità di svantaggio» pari al 100% dall’autorità di vigilanza sugli apprendisti di Basilea. Avevo concordato tale indennità con la direzione scolastica. Ma ci sono voluti molti sforzi per convincere le autorità da parte mia, del formatore e della stessa AI.

Dopo diverse risposte negative, sono di nuovo stato baciato dalla fortuna

Sono riuscito a sostenere con successo l’esame pratico finale. Ora sono un informatico. Non avrei potuto fare tutto questo senza il sostegno della mia famiglia (avevo due figli e nel frattempo ne è nato un terzo) e delle tante persone che mi hanno aiutato.

Poi è ricominciata la ricerca di un impiego ed è riemerso il vecchio problema. Mi sono candidato per circa 30 posti di lavoro, le cui descrizioni avevo studiato molto accuratamente. Questa volta mi hanno risposto tutti, purtroppo sempre in modo negativo, elencando le solite motivazioni evasive.

Poi ho guardato il sito web della fondazione Accesso per tutti. Lì stava scritto che è possibile formarsi per diventare consulente per l’accessibilità con i certificati dell’IAAP (=International Association of Accessibility Professionals). Ho chiamato immediatamente la sede di Zurigo e ho fissato un appuntamento. Ero consapevole che questa formazione copre solo il 40 percento del grado di impiego. Ma ho pensato che in questo modo avrei potuto continuare la mia formazione.

Durante il colloquio è emerso chiaramente che volevano darmi l’opportunità di lavorare per un altro 60 percento oltre al 40 percento richiesto per la mia formazione. Direi che ho fatto tombola! A ottobre inizierò presso Accesso per tutti: inutile dire che sono al settimo cielo.

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